Con l’invasione delle AI, l’umanità rimarrà disoccupata?
In un futuro non troppo lontano, le AI prenderanno il posto degli esseri umani in tutti i lavori, che siano manuali, creativi o di relazione.
I soli mestieri che rimarranno immuni da tutto ciò saranno quelli che, per cultura, non vorremo delegare alle macchine, come ad esempio l’insegnamento scolastico o la cura degli anziani. Per cultura, badate bene, non perché i software non saranno in grado di rimpiazzarci anche in quei settori. Da questo scenario deriveranno molte conseguenze: come gestiremo un’umanità senza lavoro? Bisognerà pensare a come distribuire il reddito, come crearsi uno scopo e come arginare il super potere delle Big Tech.
I limiti intrinseci di “Un mondo senza lavoro”
Prima di attirarmi le antipatie di chi legge, dico subito che queste teorie non sono mie, ma di Daniel Susskind, autore di Un mondo senza lavoro. Un saggio avvincente e ricco di materiale su cui riflettere.
Certo, ha i suoi limiti, dati soprattutto dal fatto che le “predizioni storiche” sono molto difficili da avverarsi: basta un solo cambiamento in una qualsiasi variabile sociopolitica o un’invenzione inaspettata e tutto verrà nuovamente riscritto. Questa instabilità intrinseca nel tessuto dell’evoluzione umana rende arduo tracciare con precisione i possibili scenari che potremmo affrontare. Presentare come certa un’ipotesi così proiettata nel futuro, quindi, è abbastanza fuorviante. Per carità, magari tra vent’anni saremo tutti disoccupati e daremo ragione al buon Susskind, ma io avrei preferito un tono più cauto, anche per evitare allarmismi. E questo non è il solo punto critico del saggio, a mio parere.
Una visione parziale
Veniamo alla problematica che ritengo più macroscopica di “Un mondo senza lavoro”: trovo la prospettiva dell’autore troppo fondata su quanto avviene in USA e in Gran Bretagna. E il resto d’Europa? A parte un veloce accenno su quanto siano mammoni gli italiani (giuro), non se ne parla. A malapena viene menzionata la Cina, dove il controllo della popolazione con le AI è ormai realtà quotidiana.
Il resto del mondo? India, Giappone, Emirati Arabi e via discorrendo? Non pervenuti. E gli stati in via di sviluppo? Rimarranno indietro? Boh. Insomma, poteva essere approfondito meglio e meno anglosassone-centrico (in fondo si chiama “Un mondo senza lavoro”, non “USA e UK senza lavoro”). Ma comunque vale la pena di leggerlo, per avere uno sguardo sui possibili scenari delle AI nella nostra società.
Riflettere sulle AI
Le AI sono una realtà ormai quotidiana, non una fisima da nerd o una tecnologia futuristica. Perciò saggi come “Un mondo senza lavoro” possono aiutarci a capire meglio le implicazioni profonde di questa evoluzione tecnologica e a navigare nel complesso panorama socioeconomico che ne deriva.
L’automazione e l’intelligenza artificiale stanno trasformando il modo in cui viviamo, lavoriamo e interagiamo con la realtà. Certo, le “macchine intelligenti”, per fortuna, possono anche essere partner collaborativi in vari settori, ottimizzando processi e migliorando la qualità della vita.
Nonostante i molti lati positivi, non possiamo però ignorare le preoccupazioni che emergono dalla trasformazione in atto: il timore di una sostituzione massiccia dei lavoratori da parte delle macchine è reale. L’erosione delle competenze umane tradizionali e la polarizzazione delle opportunità economiche sono questioni non banali su cui riflettere. Per quanto riguarda il settore dell’editoria, ho parlato in maniera approfondita delle implicazioni di queste tecnologie nell’articolo Intelligenza artificiale per scrittura testi: ci ruberà il lavoro?
Come gestire la crescente automazione?
Opere come “Un mondo senza lavoro”, per quanto opinabili, forniscono uno spazio di riflessione su come gestire questa transizione verso un futuro sempre più automatizzato. Esplorano le implicazioni socioeconomiche, suggerendo possibili politiche che possano garantire equità, inclusione e una redistribuzione delle risorse in un contesto in cui l’automazione è sempre più pervasiva.
Ciò richiede una riconsiderazione dei sistemi educativi, in modo da fornire competenze che possano adattarsi alle esigenze di un’economia nuova, diversa da tutto quello a cui siamo abituati. Significa anche esaminare attentamente le politiche pubbliche, per garantire un sostegno economico a coloro che potrebbero perdere il lavoro a causa dell’automazione.
Mentre cerchiamo di comprendere meglio il ruolo e l’impatto delle AI nella nostra società, è essenziale mantenere un equilibrio tra l’adozione responsabile delle tecnologie emergenti e la salvaguardia dei valori umani fondamentali. Dobbiamo affrontare le questioni etiche, come la trasparenza degli algoritmi, la privacy dei dati e l’impatto delle decisioni automatizzate sulla nostra autonomia. E voi cosa ne pensate? Il mondo rimarrà senza lavoro?